martedì 13 marzo 2018

Spencer Trappist Ale

Correva l’ottobre del 2013 e al mondo veniva annunciata la nascita del primo birrificio trappista al di fuori del continente europeo: l’abbazia di St. Joseph a Spencer (Massachusetts) fondata nel 1950 avrebbe iniziato a produrre birra. Lo sbarco di monaci trappisti sul suolo americano (Nuova Scozia) risale tuttavia all’inizio del diciannovesimo secolo, e per chi volesse saperne di più segnalo questa pagina
Padre Isaac Keeley, che oggi dirige il birrificio, ammette che l’idea nacque nell’anno 2000 quando i frati iniziarono a pensare a nuovi metodi di autofinanziamento; la produzione di prodotti caseari, marmellate e conserve (Trappist Preserves) non era infatti più sufficiente a garantire la sopravvivenza del monastero. Il birrificio tuttavia non convinceva molto l’abate e per fargli cambiare idea Isaac chiese a Dann e Martha Paquette della beerfirm Pretty Things Beer & Ale Project di realizzare un piccolo lotto di una birra d’ispirazione trappista da regalare all’abate per Natale. Evidentemente il regalo fu gradito e il progetto-birificio venne presentato alla città di Spencer nel 2011 e fu approvato nel 2013, anno in cui iniziarono i lavori di costruzione, 3500 metri quadrati di spazio e impianto Sabco. Nel frattempo due frati americani passarono sei mesi in in Belgio a visitare tutti i birrifici trappisti e fare una sorta di apprendistato. Ad avviare la nascente Spencer Brewery viene chiamato l’esperto ingegnere belga Hubert de Halleux: a lui il compito di elaborare la ricetta di una birra trappista “belga” con ingredienti americani.  Dopo ventiquattro tentativi, destinati al consumo interno, arriva finalmente la versione definitiva della Spencer Ale, una tradizionale patersbier quotidiana che debutta ufficialmente a gennaio 2014. 
A produrre le birre, ovviamente sotto la supervisione dei monaci, c’è oggi il birraio Larry Littlehale, un americano diplomatosi in Germania dove ha lavorato per venti anni; ad aiutarlo otto frati. 4500 gli ettolitri prodotti il primo anno con l’obiettivo di arrivare in fretta a 12000. Dopo l’approvazione qualitativa della birra da parte dell’Associazione Internazionale Trappista, Spencer viene autorizzato ad utilizzare il  logo "Authentic Trappist Product"; inizialmente sembra che ci fosse il vincolo di produrre una sola birra per i primi cinque anni, ma evidentemente non era così perché nel 2015 il birrificio ha realizzato la Spencer Holiday Ale, una strong ale “natalizia” (9%) seguita nel 2016 dalla prima India Pale Ale trappista (7.2%, luppoli Perle, Apollo, Cascade), dalla prima Imperial Stout trappista (8.7%) e dalla prima Pils trappista (Feierabendbier, 4.7%).  Nel 2017 sono poi arrivate la Trappist Festive Lager  (7.5%), la Monks' Reserve Ale (quadrupel, 10.2%) e le versioni barricate di IPA ed Imperial Stout. Qualche settimana  fa ha invece debuttato la Spencer Peach Saison (4.3%) che credo possa essere definita la prima “fruit beer” trappista.

La birra.
I frati non sono molto chiacchieroni sulla ricetta della propria Trappist Ale: si limitano a citare luppoli provenienti dalla Yakima Valley (Willamette e Nugget, ma non solo), un mix segreto di malti  a 2 e 6 righe  (Monaco del Wisconsin, ma non solo) e un ceppo di lievito proprietario.  
Il suo colore è un arancio velato piuttosto carico: la schiuma biancastra è vivace, pannosa e compatta ed ha un’ottima persistenza. Frutta secca a guscio, biscotto e zucchero candito formano un aroma “belga” che s’arricchisce di profumi floreali, di pasticceria e di una delicata speziatura.  La bevuta è abbastanza agile, vivacemente sospinta dalle bollicine, il corpo è medio.  La scuola belga si ritrova anche al palato, con una bella base maltata di caramello, il biscotto che ricorda quasi gli speculoos, lo zucchero candito e qualche indizio di panettone; c’è la marmellata d’albicocca, una delicata speziatura e un finale delicatamente amaro di mandorla e nocciola. C’è equilibrio, la giusta attenuazione, l’alcool è ben nascosto e nel complesso questa trappista americana è una birra tecnicamente ben fatta, alla quale forse manca ancora un pochino di cuore o d’anima, quelli per intenderci che riscaldano altre patersbier come ad esempio Westvleteren 6, Chimay Dorée e Westmalle Extra.
Formato 33 cl., alc. 6.5%, lotto F27, scad. 17/03/2019, prezzo indicativo 4.50 -5.00 euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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