giovedì 22 febbraio 2018

Malheur 12

Per la birra di oggi dobbiamo ritornare indietro di un paio d’anni, quando sul blog ospitai la Malheur Dark Brut del birrificio  Landtsheer: una Dark Strong Ale belga che viene poi “sottoposta” al Méthode Champenoise  con remuage, degorgement ed aggiunta del liqueur d'expedition. La base di partenza per quella birra è proprio quella Malheur 12 di cui andiamo a parlare. 
Ricordo che la  famiglia De Landtsheer porta avanti una tradizione brassicola iniziata all’inizio del diciannovesimo secolo quando Balthazar De Landtsheer inaugurò a Baasrode il birrificio De  Halve Maan e suo nipote, qualche tempo più tardi,  il birrificio  De Zon a Buggenhout. La seconda guerra mondiale mise fine alla produzione e la famiglia scelse di dedicarsi soprattutto all’importazione e alla distribuzione di bevande, con un occhio di riguardo alla Pilsner Urquell e Westmalle, commissionando di tanto in tanto qualche birra ad alcuni terzisti.  Nel 1991 alla scomparsa di Adolf De Landtsheer il figlio Emmanuel  “Manu” si sente in dovere di riprendere le attività sospese quasi cinquant’anni prima e coronare un sogno a lungo discusso col padre: nell’agosto del 1997 nasce la Malheur Brouwerij, che dopo 20 anni d’attività vanta una produzione che dovrebbe assestarsi sui 20.000 ettolitri  l’anno.

La birra.
La Malheur 12 (11.5%) è l’ammiraglia di  De Landtsheer: il suo debutto avvenne nel 2001, l’anno successivo della sorella minore Malheur 10 (10%) detta anche Malheur Millennium, dove le due lettere iniziali M rappresentavano proprio l’anno 2000 secondo la numerazione romana. Filtrata, non pastorizzata e rifermentata in bottiglia, la sua ricetta dovrebbe prevedere luppoli Styrian Golding,  e Hallertauer Mittelfrüher e un parterre non dichiarato di malti. Il birrificio afferma di indicare la scadenza solo perché obbligato dalla legge, mentre ritiene che sarebbe più appropriato riportare in etichetta la data di produzione: perché non farlo, allora?   Detto questo, De Landtsheer assicura che la Malheur 12 è una birra che può invecchiare senza problemi. 
Difficile risalire alla data di nascita di questa bottiglia prossima alla scadenza, aprile 2018: l’ho acquistata nel 2015 quindi gli anni alle sue spalle sono almeno tre. Si veste di un bel color ebano scuro impreziosito da intensi riflessi rubino; la schiuma è cremosa e abbastanza compatta ma collassa abbastanza rapidamente.  Al naso frutta secca a guscio, biscotto e caramello brunito, qualche ricordo di amaretto e di pasticceria: è tuttavia predominante una componente fruttata non completamente definita che ricorda soprattutto i frutti di bosco “scuri”, in particolare il mirtillo.  Le bollicine sono ancora tante e una quantità minore, in una birra così importante, sarebbe forse auspicabile:  la Malheur 12 scorre tuttavia bene,  mimetizzando l’alcool nel modo in cui i belgi sono sovente maestri. Biscotto e caramello guidano una bevuta che s’arricchisce di frutta disidratata (prugna e mirtillo, ciliegia), liquirizia.  La componente dolce è importante ma viene bilanciata da una perfetta attenuazione, che quasi ricorda quella della Malheur  Dark Brut; il retrogusto accomodante è un caldo abbraccio di frutta sotto spirito, lungo ma quasi delicato. Complessità e profondità non sono le sue caratteristiche principali ma è comunque una soddisfacente bevuta, seppur non al livello della (gloriosa ma esosa) sorella Dark Brut. Non è affatto difficile finire questa bottiglia di Malheur 12 e pagarne le relative conseguenze: che sia forse questa la “disgrazia, cattiva sorte” alla quale il nome della birra fa riferimento? 
Formato 33 cl., alc. 11.5%,  lotto 14:07, scad. 23/04/2018, pagata 2.50 euro (beershop, Belgio)

NOTA:  la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio della bottiglia in questione e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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