lunedì 8 gennaio 2018

Swannay Barrel Aged Orkney Porter (Isle of Arran)

Inauguriamo il 2018 con il debutto del birrificio scozzese Swannay, operativo a Birsay, isole Orcadi: il fondatore è Rob Hill, birraio con venticinque anni di esperienza presso la Orkney Brewery e la Moorhouse's Brewery. Nel 2005 Hill ha dato fondo a tutti i suoi risparmi per acquistare l'ex caseificio Swannay Farms ed installarci un piccolo impianto di seconda mano da sei ettolitri; nasce così la Highland Brewing Company che debutta con la Scapa Special, una Pale Ale ancora oggi prodotta tutto l’anno. 
Nel 2010 Rob viene affiancato dal figlio Lewis che, terminati gli studi universitari, decide di impegnarsi nell’azienda di famiglia: per l’occasione viene commissionato un nuovo impianto da 23 ettolitri che consente di far fronte all’incremento di domanda del mercato. Il 50% della birra prodotta viene venduta in cask, il resto equamente diviso tra fusti e bottiglie.  Nel 2015 la Highland Brewing Company viene rinominata Swannay Brewery per rinforzare il legame con il territorio: il rebranding riceve un finanziamento da 120.000 sterline dalla Highlands and Islands Enterprise, organizzazione governativa scozzese. “Le isole Orcadi sono un luogo speciale dove vengono prodotte alcune tra le eccellenze alimentari del Regno Unito, e noi vogliamo usare le nostre radici locali per promuovere i prodotti in tutto il mondo”, dice Hill. 
La gamma Swannay si basa su otto birre prodotte tutto l’anno: oltre alla già citata Scapa Special c’è la bitter Island Hopping, la Orkney (English) IPA,  la (American) Pale Ale, la Duke (American) IPA, la Double IPA Orkney Blast. Vi sono poi due birre sviluppate da Lewis, il figlio di Rob, che non nasconde il suo amore per le luppolature moderne: la Muckle IPA e la Banyan session IPA. 
A completamento della gamma alcune produzioni stagionali e occasionali, come ad esempio le “Big Beers” dall’alto contenuto alcolico: assaggiamone una.

La birra.
Nel 2014 un lotto di Orkney Porter (9%) è stato messo ad invecchiare per 18 mesi  in cask che avevano contenuto in precedenza Orkney Bere, un whisky prodotto dalla distilleria Isle of Arran utilizzando una varietà d’orzo (Bere) considerata tra le più antiche colture di cereali in Gran Bretagna e, in questo caso, coltivato sulle isole Orcadi; a quanto leggo si tratta di un cereale a basso rendimento rispetto alle varietà “moderne” ma capace di produrre un grist più denso e ricco. La ricetta della porter prevede malti Maris Otter, Brown, Chocolate e Roasted, luppoli Brambling X, Hallertauer Northern Brewer , E.K. Goldings. Le bottiglie sono tecnicamente “scadute” a ottobre 2017 ma, assicura il birrificio sul proprio sito, “sono ancora buonissime”
Il suo colore è un ebano piuttosto intenso che s’avvicina al nero: la schiuma, cremosa e abbastanza compatta, è di dimensioni modeste e si dissolve abbastanza rapidamente. L’aroma è discretamente intenso e, benché pulito, necessita di attenzione per essere apprezzato in tutte le sue sfumature: quello che inizialmente sembra semplicemente whisky rivela interessanti sfaccettature che chiamano in causa legno e vanglia, carne, tostature, frutta sotto spirito, indizi di  tabacco. Al palato è una imperial porter dal corpo medio che ha un ingresso leggermente oleoso e tende un po’ ad assottigliarsi strada facendo: la bevibilità ne trae ovviamente beneficio, ma una maggior consistenza “tattile” le avrebbe sicuramente giovato. Il passaggio in botte è evidentissimo, ma pensate ad un whisky depurato della sua componente “boozy” o alcolica che dir si voglia; la bevuta si poggia su delicati toni biscottati e tostati ma chiama presto in causa il dolce della vaniglia, dell’uvetta e della prugna sotto spirito. Nel finale c’è anche il momento per qualche delicata suggestione di caffè e cioccolato, mentre il breve passaggio amaricante sembra richiamare più il legno delle tostature. 
Birra molto pulita, con l’alcool (10.5%) che non disturba assolutamente il lento e piacevole sorseggiare: la sensazione – tocca ripetermi – è quella di gustarsi un whisky depurato della sua componente etilica e arricchito da reminiscenze di una porter.  Per apprezzarla appieno dovrete probabilmente uscire dai soliti schemi di una imperial porter invecchiata in botte di whisky dove è la birra al centro del palcoscenico: qui le proporzioni si ribaltano ma il passaggio in botte riesce ad essere dominante ed elegantissimo al tempo stesso. Un piccolo gioiello (e ve lo dice uno che non ama il whisky) che splende lontano dai riflettori e dall’hype: meglio così.
Formato: 33 cl., alc. 10.5%, lotto 4300, scad. 10/2017.



NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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