giovedì 30 novembre 2017

Zure van Tildonk 2013 No.1

Il birrificio  Hof Ten Dormaal  si trova a Tildonk, nella municipalità di Haacht (Fiandre Orientali): una fattoria che è gestita da tre generazioni dalla famiglia Janssen che ospita anche un agriturismo.  Andre Janssen, ex-commercialista, era stato costretto ad abbandonare la sua attività a causa di un infarto e decide quindi di dedicarsi all’azienda di famiglia:  ai trenta ettari coltivati, principalmente cicoria e cereali, decide di affiancare la produzione di birra, una delle sue passioni.  
Nel corso di un viaggio negli Stati Uniti acquista nel Montana un impianto da 16 ettolitri che viene trasportato in Belgio e messo in funziona con l’aiuto del consulente Peter Kindts. E’ lui a guidare i primi passi di Hof Ten Dormaal  che debutta nel 2009 con la Dormaal Amber, seguita l’anno successivo dalla Blond e, nel 2011, dalla Dormaal Wit Goud, la prima birra belga prodotta con cicoria; in attesa di avere una linea d’imbottigliamento, Janssen si rivolge a Frank Boon. L’orzo prodotto sui propri terreni viene fatto maltare e nel 2010 l’azienda agricola inizia anche a coltivare il luppolo, con lo scopo di arrivare ad essere completamente autosufficiente. 
Nel 2012 ecco i primi esperimenti con i lieviti selvaggi, le fermentazioni spontanee e gli invecchiamenti in botte: nel gennaio del 2015 un incendio colpisce il birrificio danneggiando parte degli impianti produttivi, distruggendo la linea d’imbottigliamento e rovinando quasi tutta la birra in magazzino. La ricostruzione, affidata ancora a Peter Kindts è l’occasione per sostituire l’impianto con uno più grande da 25 hl; quello usato viene venduto in Vietnam: a Tildonk la produzione riparte a settembre 2016.  Il birrificio – e la fattoria – sono visitabili tutti i sabati dalle 14 alle 18.

La birra.
Zure van Tildonk, ovvero “l’acida di Tildonk”: se non erro si trattava del primo esperimento acido di Hof Ten Dormaal, datato 2013. Il mosto fu versato in una ventina di secchi che vennero poi disseminati sul terreno della fattoria per l’inoculo dei lieviti e dei batteri naturalmente presenti nell’aria. Le migliori colture di lievito vennero poi utilizzate per creare il ceppo usato per la realizzazione della Zure van Tildonk. Se non erro la birra è poi stata fermentata in botti di legno presso le cantine del monastero di Engelenburch.
Dorata e leggermente velata, forma un discreto cappello di schiuma biancastra dall'ottima persistenza. La componente funky/rustica dà subito il benvenuto trasportando idealmente chi ha il bicchiere in mano in una polverosa cantina nella quale ci sono profumi di legno e di muffa. Aprendo gli occhi arrivano profumi di arancia e pesca zuccherata, chiudendoli di nuovo c'è una surreale visione di fragola. Al palato ha una consistenza morbida e abbastanza sostenuta, se la si confronta con la tradizione belga: corpo medio, la giusta quantità di bollicine. La bevuta non brilla di pulito e risulta nel complesso un po' sgraziata e poco definita: ma quella che normalmente sarebbe una critica in questo caso diventa un elogio. Ne risulta una farmhouse ale ruspante, con l'acidità bilanciata da un dolce fruttato non ben identificabile che sembra suggerire pesca e arancia. La chiusura è secca, con un finale amaro molto leggero nel quale s'intravede qualche nota di scorza di limone e terrosa. L'alcool (6%) è quasi inavvertibile e la Zure van Tildonk rinfresca e disseta con grande efficacia.
Non c'è grande profondità ma il risultato è comunque autentico e sincero: una birra rustica, piacevole, che parla di campagna e di un tempo andato che è ancora possibile ritrovare in alcuni villaggi del Belgio.
Formato: 37.5 cl., alc. 6%. lotto 2013, scad. 12/2017, pagata 3,15 € (drink store, Belgio)

NOTA:  la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio della bottiglia in questione e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

2 commenti:

  1. Forse ha sbagliato a scrivere. Esiste un birrificio chiamato Engelenburcht, a Tildonk.

    RispondiElimina
  2. Grazie, in effetti c'era un errore sull'etichetta della birra. Engelenburch, non Engelburch.

    RispondiElimina