lunedì 16 ottobre 2017

Prairie Paradise

Le imperial stout sono tra le birre che hanno indiscutibilmente contribuito al successo del birrificio Prairie (Tulsa, Oklahoma):  tra queste Bomb!, Noir  e le loro declinazioni che differiscono per aggiunta di ingredienti o per i diversi passaggi in botte. A giugno 2016 Prairie è stato ceduto dai fondatori Chase e Colin Healey alla Krebs di Zach Prichard, birrificio che da sempre gli aveva prodotto le birre su grande scala; nel 2015 Prairie aveva raggiunto lo status di “birrificio” con l’apertura dell’impianto di Tulsa  destinato però ad alimentare solamente il brewpub, continuando a produrre bottiglie e fusti alla Krebs. E mentre Chase Healey si sta dedicando al suo progetto American Solera, il fratello Colin sta continuando a collaborare con la nuova proprietà. 
Ma il 2016 ha portato altre novità in casa Prairie: l’annuncio dell’apertura di un secondo brewpub a Oklahoma City, con impianto da 4 ettolitri,che dovrebbe essere inaugurato entro la fine del 2017 e investimenti per aumentare la capacità produttiva del birrificio Krebs: nuovi fermentatori, più spazio da dedicare agli invecchiamenti in botte e una linea per la messa in lattina che ha debuttato ad aprile 2017. Novità di giugno 2016 è stat una massiccia imperial stout (13%) chiamata Paradise che tra i propri ingredienti annovera cocco e vaniglia; il suo debutto avviene solamente in fusto;  dopo pochi mesi viene annunciato l’arrivo di Pirate Paradise, ossia la sua versione invecchiata in botti di rum, venduta in bottiglia a partire da settembre. Per le prime bottiglie di Paradise bisogna invece attendere la fine dell’anno quando finalmente il birrificio ottiene l’approvazione della Texas Alcoholic Beverage Commission che - pare - ne aveva invece rifiutato tre precedenti versioni.

La birra.
Non è sempre facile risalire alla data di produzione delle Prairie, in quanto le stampe al laser sul vetro sono spesso illeggibili: quella che s’intravede su questa bottiglia (35416) mi fa pensare che si tratti proprio di una di quelle prodotte alla fine dello scorso anno. 
Il suo aspetto lascia un po’ a desiderare: la schiuma è parecchio scomposta e grossolana e scompare piuttosto in fretta lasciando nel bicchiere un liquido nero privo di “pizzo”. L’aroma non è esattamente paradisiaco: un po’ di carne e salsa di soia accompagnano i profumi di vaniglia e cocco tostato, caramello e caffè: pulizia e eleganza non sono certamente a livello ottimale. Al palato le cose vanno meglio: c’è un piccolo dessert liquido nel quale s’incontrano caramello e melassa, uvetta e prugna sotto spirito, vaniglia e cocco, qualche ricordo di cioccolato. L’alcool (13%) si fa ovviamente sentire ma non è una birra particolarmente difficile da sorseggiare, mentre nel finale amaro che bilancia la bevuta c’è quasi più luppolo che tostature. Delude un po’ la sensazione palatale, solo leggermente oleosa e con corpo medio, a mio parere un po’ troppo debole per dare forma ad un dessert, senza nessuna velleità cremosa. Il retrogusto è un lungo tappeto caldo ed etilico nel quale arrivano a coccolarti tostature, vaniglia, cocco e caramello. 
Imperial Stout di discreto livello ma con ampi margini di miglioramento soprattutto per quel che riguarda pulizia ed eleganza: la caratterizzazione “dessert” si mantiene lontana da eccessi “Omnipolliani” ma il risultato non è del tutto convincente, soprattutto perché quando ci si colloca in fascia di prezzo alta le aspettative di chi beve sono altrettando elevate. E, al contrario di altre Prairie, in questo caso non vengono soddisfatte.
Formato: 35.5 cl., alc. 13%, lotto 35416, prezzo indicativo 11,00 - 14,00  Euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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