martedì 25 aprile 2017

Nomad Choc-Wort Orange

Il birrificio australiano Nomad Brewing l'avevamo incontrato per la prima volta giusto un anno fa. Un progetto nato dall’incontro tra Leonardo Di Vincenzo (Birra del Borgo), Kerrie Abba e Johnny Latta di Experience It Beverages, importatore di bevande con sede a Sidney; la coppia australiana viveva in Italia ed aveva iniziato un'attività di importazione di vini italiani nell'emisfero australe, venendo poi in contatto anche con la nostra scena brassicola. Birra del Borgo è uno dei primi marchi che gli australiani decidono di aggiungere alla propria gamma. Di Vincenzo venne invitato in Australia a partecipare ad alcuni eventi tra i quali la Good Beer Week di Melbourne, finendo con l'innamorarsi della terra dei canguri.  Tra una pinta e l'altra, tra Di Vincenzo ed i Latta nasce l'idea di mettere in piedi un microbirrificio a Brookvale, sobborgo che si trova quindici chilometri a nord di Sidney. L'annuncio della nascita del progetto Nomad Brewing viene dato a febbraio del 2014 e la prima birra viene ufficialmente spillata a fine luglio 2014. Alla guida dell'impianto c'è il birraio Brooks Caretta - birraio nomade - ex di Birra del Borgo e responsabile anche della "partenza" delle birrerie a Eataly New York ed a Eataly Roma, progetti che vedono entrambi Di Vincenzo come socio. 
Per chi di voi se lo stesso domandando, il birrificio Nomad è rimasto estraneo alle vicende commerciali che hanno visto protagonista Birra del Borgo nell'aprile dello scorso anno, ovvero la vendita alla multinazionale Ab-Inbev: da quanto ne so Di Vincenzo continua ad esserne socio per ricoprendo contemporaneamente la carica di amministratore delegato di Birra del Borgo.

La birra.
A Clockwork Orange, Arancia Meccanica: libro (1962) di Anthony Burgess e film (1971) di Stanley Kubrick. Mettete in una imperial stout della scorza d'arancia ed otterrete una Choc-Wort Orange, almeno secondo le intenzioni di Nomad: è la prima imperial stout prodotta dal birrificio australiano ed è una produzione occasionale, ossia non disponibile tutto l'anno. D'impatto è l'etichetta disegnata da Alex Latham, giovane artista emergente di Sidney: le teste dei quattro drughi di Arancia Meccanica qui sono state sostituite da arance.
Il suo colore è pressoché nero e forma una generosa testa di schiuma compatta e cremosa, dall'ottima persistenza. L'aroma non è tuttavia altrettanto "goloso" quanto l'aspetto: l'intensità è molto modesta, la pulizia è poca e si fa davvero fatica a trovare quello che il nome della birra promette, ovvero  cioccolato ed arancia. Ci sono tostature, qualche traccia di caffè, cenere, forse liquirizia: siamo davvero ai minimi termini. Al palato le cose vanno un pochino meglio, ma anche qui la pulizia è tutt'altro che eccellente: un po' di caramello ed un accenno d'arancia supportano le decise tostature che caratterizzano la spina dorsale di una imperial stout per nulla ingombrante e che scorre piuttosto bene. Se cercate però una sensazione palatale morbida, cremosa e avvolgente non è la birra che fa per voi: considerata la gradazione alcolica (9.5%) avrei gradito un po' più di presenza a livello tattile. L'amaro è protagonista assoluto del finale: alle tostature s'aggiungono caffè, cioccolato fondente ed il terroso del luppolo. La notevole intensità non va tuttavia a pari passo con l'eleganza e il sorseggiare di questa imperial stout è, almeno nella mia esperienza, rallentato più che dall'alcool (ben nascosto) dalla scarsa pulizia e dalla monotonia di una birra che regala molti sbadigli: quella noia che i drughi di Burgess combattevano con l'ultraviolenza.
Formato: 50 cl., alc. 9.5%, lotto B163, scad. 06/2019, prezzo indicativo 8.00 Euro (beershop).

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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