martedì 19 luglio 2016

Lervig Lucky Jack Grapefruit Edition

Una delle ultime tendenze mode nel mondo della craft beer è quella delle "Fruit IPA": sebbene l'aggiunta di frutta nella birra sia una tradizione abbastanza consolidata (pensate ai Lambic alla frutta, alle Radler o alle Berliner Weisse), pare che la prima IPA (commerciale) con aggiunta di frutta sia stata la Grapefruit Sculpin di Ballast Point che risale "solo" al 2013. In Europa siamo arrivati con qualche anno di ritardo, e al momento il "fulcro" produttivo di questa varietà di IPA sembra essere la Svezia: Brewski ne fa quasi un marchio di fabbrica e la beerfirm Omnipollo va anche oltre il semplice concetto di "Fruit IPA", spingendosi sull'estremo delle "Smoothie Beer" (sic!) dove oltre alla frutta viene aggiunto lattosio (e  anche vaniglia).
Dalla Scandinavia arriva pure il birrificio Lervig, fondato a Stavanger (Norvegia) nel 2005 ma degno d'interesse solo a partire dal 2010, quando in sala di cottura sbarca l'americano Mike Murphy e rivoluziona completamente la gamma produttiva, sino ad allora focalizzata su anonime lager. Ve ne avevo parlato qualche anno fa di ritorno dalla Norvegia.
L'opera prima del nuovo corso inaugurato da Murphy è l'American Pale Ale chiamata Lucky Jack, ad oggi diventata la flagship beer di Lervig; giusto quindi che fosse lei ad essere la prima "fruit IPA" (o APA, poco importa) realizzata dal birrificio di Stavanger, che attualmente esporta all'incirca il 30% del suo fatturato realizzato su un impianto da 25 ettolitri.  

La birra.
Ricetta ovviamente immutata rispetto alla Lucky Jack "normale", se si esclude l'aggiunta di scorza e succo di pompelmo rosa: Pilsner e Caramel i malti, Chinook, Citra ed Amarillo i luppoli.
All'aspetto è di colore arancio opalescente, con una schiuma bianca dalla discreta persistenza ma un po' grossolana e scomposta. Il naso, ça va sans dire, è dominato dal pompelmo rosa in lungo e in largo, con un tocco di arancio e di frutta tropicale molto in sottofondo. Il bouquet risulta un po' monotematico ma è comunque supportato da ottima intensità, pulizia e freschezza. Il percorso prosegue al palato in linea retta con una bevuta che, dopo un ingresso maltato (crackers) e un dolce passaggio tropicale (mango) ritorna saldamente in mano al pompelmo: prima la polpa, poi l'amaro della scorza che caratterizza in tutto e per tutto il finale ed il retrogusto. Molto bene secchezza e pulizia, bene ma senza impressionare  l'intensità, ottima fragranza. 
Mi fermo qui con la descrizione della birra che è oggettivamente ben costruita per dissetare con facilità senza domandare nessun sforzo a chi se la trova tra le mani. Riguardo alla piacevolezza, che rientra nei parametri del proprio gusto, la trovo personalmente troppo caratterizzata dal pompelmo: non è una Radler ma non siamo molto lontani, andando ben oltre la semplice "aromatizzazione al pompelmo", soprattutto al palato. Buona, per carità, ma troppa. Ammetto di non essere un grande fan di queste IPA/APA con aggiunta di frutta, ma se proprio ne devo bere una mi orienterei senza esitare troppo sulla High Wire di Magic Rock. 
Formato: 33 cl., alc. 4.7%, IBU 45, lotto KL 10:18, scad. 10/02/2017, 4.00 Euro (beershop, Italia).

NOTA:  la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio della bottiglia in questione e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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