domenica 27 marzo 2016

Toppling Goliath PseudoSue

Decorah, cittadina con ottomila abitanti circa, stato di Iowa, non lontano dal confine con Mississippi: Minneapolis si trova a 250 km mentre Des Moines, capitale dell'Iowa, è a 330. In questo angolo  poco conosciuto degli Stati Uniti opera da maggio del 2009 uno dei microbirrifici americani più promettenti e più ricercati dai beergeeks: Toppling Goliath. 
Sono Clark Lewey e la moglie Barb a fondarlo per sopperire alla  propria frustrazione di vivere in uno stato nel quale era difficile procurarsi qualcosa di decente da bere: "nel 2009 in questa zona era impossibile trovare un'IPA alla spina; era tutto controllato da Bud, Miller e Coors". L'avvio del piccolo birrificio "che rovescia Golia"(la multinazionale) è facilitato dal fatto che la famiglia Lewey opera da anni nel settore del Beverage con una grossa industria fornitrice di attrezzature, espositori e merchandising. Inizialmente Clark Lewey voleva produrre vino, nonostante il clima dell'Iowa rendesse impossibile coltivare la vite: la sua idea di importare uva dalla California e dall'Italia si rivela però poco praticabile. Scartato il progetto brewpub, che avrebbe significato anche gestire un ristorante, dopo alcuni anni di tentennamenti si opta per un microbirrificio: Clark passa sei mesi ad esercitarsi assieme alla moglie nel proprio garage con l'homebrewing, prima di autofinanziarsi vendendo una casa in Wyoming ed aprire le porte della Toppling Goliath che ha inizialmente a disposizione un impianto da soli 58 litri.
Il passaggio dal garage alla professione non è tuttavia così semplice e dopo otto mesi le chiavi della sala cottura vengono consegnate al birraio Mike Saboe, un promettente homebrewer di Iowa City. Ricorda Clark: "gli misi a disposizione un budget importante per ottenere le migliori varietà di luppolo, gli diedi carta bianca sulle ricette".
La tecnica di Saboe abbinata ad un'accurata scelta di materie prime inizia a portare lo sconosciuto birrificio dell'Iowa sulla bocca di molti beergeeks: il passaparola corre rapido e per due anni il piccolo impianto è costretto a effettuare tre cotte al giorno prima dell'arrivo di un più capiente da 11 ettolitri che tuttavia si rivela anch'esso insufficiente a soddisfare tutta la domanda. L'ultimo upgrade è quello del 2014 con un impianto da 35 ettolitri ormai già superato dall'ambizioso progetto di espansione da 10 milioni di dollari che vedrà, ad inizio 2017, un nuovo birrificio con sala cottura da 115 ettolitri. L'attuale location dovrebbe essere destinata alla produzione di birre acide, cosa che Topplig Goliath non ha ancora voluto fare per evitare ogni possibile rischio di contaminazione derivante dall'utilizzo dei lieviti selvaggi.
Nel 2015 Clark Lewey annuncia di aver raggiunto un accordo con la Brew Hub, Florida, una sorta di De Proef in terra statunitense, per la produzione in lattina di quattro birre: 17.000 gli ettolitri che arriveranno dalla Florida e che andranno a sommarsi ai 5000 prodotti annualmente dallo stabilimento in Iowa. Chissà se sia stato questo accordo con Brew Hub a far rassegnare improvvisamente le dimissioni al birraio Mike Saboe nel febbraio 2015: le due parti non hanno mai chiarito, parlando semplicemente di dissapori che sono stati tuttavia ricomposti a giugno dello stesso anno, quando Saboe è rientrato alla base.
Divertiamoci un po' con il beer-rating che, amatelo o odiatelo, diviene comunque spesso fondamentale nel portare sotto al riflettore molti birrifici che altrimenti resterebbero confinati ad una dimensione molto locale. Ratebeer mette Toppling Goliath tra i cento miglior birrifici al mondo e due delle sue birre (la Double IPA King Sue e la imperial stout Mornin' Delight) tra le cento migliori birre al mondo. Tra le migliori 100 birre al mondo secondo BeerAdvocate ce ne sono invece sei di Topping Goliath due delle quali (KBBS - Kentucky Brunch Brand Stout e  Mornin' Delight) si posizionano sul podio.

La birra.
PseudoSue è un'American Pale Ale single hop, 100% Citra: continuiamo a divertirci ancora con il beer-rating, con BeerAdvocate che la colloca al numero 35 tra le migliori birre al mondo. Secondo Ratebeer questa è la terza miglior American Pale Ale al mondo, dietro alla Zombie Dust di Three Floyds e alla What Is Enlightenment? di Hill Farmstead.
Di recente qualcuna delle lattine che escono dalla partnership con Brew Hub in Florida (i maligni negli Stati Uniti dicono che non siano assolutamente al livello delle bottiglie prodotte in Iowa) sono arrivate anche in Europa. La lattina non riporta il contenuto alcolico in percentuale: la PseudoSue nasce con un ABV del 5.8%, che dovrebbe essere stato elevato a 7% con il passaggio all'impianto da 30 barili. E' stata prodotta lo scorso gennaio, ed ha quindi sulle spalle quei due mesi e mezzo circa che sono il minimo da mettere in conto per le importazioni dagli Stati Uniti.
All'aspetto è dorata, quasi limpida e forma un cremoso cappello di schiuma bianca abbastanza compatto, dalla buona persistenza.  L'aroma è ancora abbastanza fresco e d'intensità davvero notevole, pungente e, soprattutto, pulitissimo: il cocktail di frutta (pompelmo, ananas, arancia e mango) viene completato da una lieve presenza di aghi di pino, di quell'intraducibile "dank" e da un'accenno di miele, con un gran bell'equilibrio complessivo. Difficile chiedere di più, se non qualche mese in meno dalla messa in lattina. La sensazione palatale è pressoché perfetta: corpo medio, carbonazione media, ottima scorrevolezza che non preclude una presenza morbida. Il gusto ricalca quasi in toto le orme dell'aroma con un ingresso dolce di frutta tropicale fresca (soprattutto ananas e mango) ed un tocco di miele che vengono subito incalzati dall'amaro del pompelmo, della resina e da quel "dank" che ricorda vagamente la marijuana. Gli elementi sono quelli noti, quello che invece impressiona è l'esecuzione: birra intensa e pulitissima, la cui buona freschezza permette ancora di coglierne ogni dettaglio nonostante qualche lieve cedimento dovuto al trascorrere del tempo. Nessun "fruttone" dolce all'inizio ma tanta delicata fragranza alla quale risponde un amaro intenso ma elegantissimo;  è lui il protagonista della seconda parte della bevuta, ma non viene mai lasciato solo: in sottofondo c'è sempre una patina dolce di frutta fresca che ogni tanto s'infila tra gli spazi amari per portare ulteriore equilibrio. E' un'American Pale Ale ma se ordinate una IPA e vi trovate questa nel bicchiere non avrete nulla di che lamentarvi: profumatissima, si congeda con un finale amaro intenso ma non troppo lungo che, assieme ad una buon livello di secchezza, lascia il palato pulito e pronto a ricominciare.
Indiscutibilmente una birra di gran classe o, se preferite, di "world class": mi dà un po' fastidio ammetterlo ma non se ne incontrano di questo livello in Europa ed in Italia. Il punto fondamentale è la materia prima, nella qualità delle varietà luppolo che gli americani riescono ad avere a disposizione; ci sono birrifici nostrani che si difendono molto bene anche con le "seconde scelte", ma è impossibile non notare la differenza quando ti capitano nel bicchiere birre come questa. Le APA/IPA sono uno degli stili più locali che ci siano, ma quando viaggiano ed arrivano in codeste condizioni è ancora possibile togliersi delle belle soddisfazioni.
Formato: 47,3 cl., alc. 5.8 - 7% ?, IBU 50, lotto 05/01/2016 12:50.

NOTA:  la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio della bottiglia in questione e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

3 commenti:

  1. Interessante!Dove si può trovare questa birra? Sembra quasi impossibile!

    RispondiElimina
  2. Mi dicono che qualcosina sta per arrivare anche da noi. Non so chi le importa, ma tieni d'occhio i vari beershop.

    In alternativa ci sono beershop on-line all'estero, non so cosa ci sia rimasto visto che sono arrivate a inizio marzo.

    RispondiElimina
  3. Il punto è anche (principalmente) la bravura, non facciamoci scudo delle materie prime e cerchiamo di essere onesti: pochi in Europa possono permettersi di raggiungere questi livelli. Per altro ti posso dire che le birre prodotte in loco a Decorah sono pure migliori.

    RispondiElimina