lunedì 23 novembre 2015

Il Conte Gelo Kamchatka

Dalla Lomellina, una zona ad elevata concentrazione “birraria”, arriva da Vigevano sul blog il Birrificio Conte Gelo: il nome che può sembrare alquanto particolare in realtà è  l’unione dei cognomi dei due proprietari, Paola e Andrea (Conte-Gelo). Entrambi appassionati birrofili e beer-hunter, hanno abbozzato a metà 2013 il progetto per aprire un proprio birrificio, idea che si è poi concretizzata ad ottobre 2014.  Il Conte Gelo ha dunque da poco compiuto un anno; in sala cottura ha trovato posto Davide Marinoni, homebrewer (con alle spalle corsi di degustazione Unionbirrai  I° e II° livello) che è poi passato nel mondo dei professionisti con un periodo di apprendistato da Bad Attitude ed un’esperienza al BQ di Milano. Chi bazzica il “web brassicolo” da un po’ di anni ricorderà il sito “La Bussola della Birra” gestito proprio da Davide. 
Quattro al momento le birre prodotte: una golden ale chiamata “Gragnola”, la IPA “Gelo Jack” , la Tripel “Lavalanga” e la nuova Imperial Stout “Kamchatka” (avete tutti giocato almeno una volta a Risiko!, non è vero?). Quest’ultima vede anche un bel cambio d’etichetta rispetto alle altre compagne, un rinnovamento necessario se si vuole “lottare” visivamente con altri birrifici sugli scaffali dei negozi.  E’ proprio questa la birra che il Conte Gelo mi ha invitato ad assaggiare:  si tratta di una robusta (9.8%) imperial stout prodotta con caffè Port Moka (Vigevano) e fiocchi d'avena.
Molto bella nel bicchiere, vestita di nero impenetrabile alla luce con un compatto e cremoso cappello di schiuma beige, dalla buona persistenza. L'aroma è abbastanza elegante ma poco intenso: il caffè è l'elemento principale che viene circondato dai leggeri profumi di mirtillo e di fruit cake, della liquirizia, dai lievi sentori luppoli di agrumi e di resina, con un accenno di carne.
Il caffè è protagonista indiscusso anche della bevuta, caratterizzando un'imperial stout che va dritta al sodo, senza fronzoli, con pochi elementi a costruire un'impalcatura solida, e abbastanza elegante: tostature, un po' di liquirizia ed una decisa luppolatura che contribuisce con le sue note resinose (e una suggestione di anice) a ripulire il palato. A sostenere l'amaro c'è in sottofondo una patina dolce di caramello con qualche ricordo di polpa d'arancia. Il caffè è protagonista anche del finale, dove l'alcool esce dal "guscio" per portare un morbido tepore etilico che ben si amalgama all'amaro delle tostature e della liquirizia. La sensazione palatale è gradevole all'imbocco, grazie alla cremosità donata dall'avena, ma nel corso della bevuta la birra si slega un po' e si ha l'impressione che acqua e sapori viaggino un po' su binari paralleli senza regalare quella sensazione di pienezza e di rotondità che in una birra dalla gradazione alcolica importante vorrei sempre trovare; l'intensità è quella giusta, senza mai costituire un ostacolo alla facilità di bevuta. 
Trattandosi della prima cotta d'imperial stout effettuata dal birrificio il livello è comunque buono: il gusto è forse un po' troppo monotematico e, per una birra nata da sorseggiare con calma nei mesi meno caldi dell'anno, sarebbe secondo me auspicabile una maggiore complessità. 
Ringrazio il birrificio per avermi inviato la bottiglia da assaggiare.
Formato: 33 cl., alc. 9.8%,  IBU 80, lotto 0515, scad. 09/2017.

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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