martedì 23 dicembre 2014

Hornbeer The Fundamental Blackhorn

Breve pausa dalle birre natalizia ed ultimo debutto dell'anno sulle pagine del blog. Si tratta di Hornbeer, birrificio sito a Kirke Hyllinge, nella penisola dello Hornsherred dal quale prende il nome, venti chilometri ad ovest di Roskilde ed a cinquanta da Copenhagen. Lo aprono a maggio del 2008 il birraio Jørgen Fogh Rasmussen e sua moglie Gundhild. Una piccola curiosità: Jørgen è il fratello di Anders Fogh Rasmussen, il più longevo primo ministro danese, rimasto in carica dal 2001 al 2009; sino allo scorso settembre ha poi ricoperto il ruolo di segretario generale della Nato. 
L'apertura del microbirrificio è un sogno che Jørgen, homebrewer dagli anni '70, riesce a coronare dopo lunghissimo tempo: l'inizio non è però dei migliori. Pochi mesi dopo l'inaugurazione, in agosto, i locali vengono devastati da un incendio e la produzione sino all'autunno del 2009 deve appoggiarsi ad altri birrifici.
Ma una volta ripristinato il piccolo impianto da cento litri, per Jørgen e la moglie Gundhild, illustratrice e pittrice, i cui quadri diventano poi le etichette delle bottiglie, arrivano finalmente le prime soddisfazioni. 
Nell'anno del debutto, il 2008, la Danske Ølentusiaster (associazione di appassionati birrofili danesi) aveva proclamato la neonata Caribbean Rumstout come la migliore birra danese dell'anno. Si potrà obiettare che la scena brassicola danese non è particolarmente affollata e/o competitiva, con attualmente circa 150 microbirrifici molti dei quali hanno però una distribuzione molto limitata. Nel 2009 Hornbeer condivide a pari merito con Mikkeller il premio di birrificio (Mikkeller?)  danese dell'anno, per poi vincerlo in solitudine nel 2010, 2011 e 2013. 
La birra che ha maggiormente contribuito a rimpolpare la bacheca del birrificio è senza dubbio The Fundamental Blackhorn, una massiccia imperial stout (ABV variabile tra 10 ed 11%) medaglia d'oro 2011 al Beer & Whisky Festival di Stoccolma, miglior birra "forte" danese del 2012 e medaglia d'argento ottenuta alla Beer Cup 2012 di San Diego nella categoria American Imperial Stout.
E' prodotta con malti Black, Coffee e Chocolate, miele, e viene poi fatta maturare su chips di rovere e noci. 
Eccola nel bicchiere, maestosamente nera con il suo splendido "cappello" di schiuma color nocciola, compatta, cremosa e molto persistente. L'aroma non è esattamente l'immagine dell'eleganza, ma ha una buona intensità nella quale s'intrecciano soprattutto alcool, caffè, orzo tostato e liquirizia, con qualche lieve sentore di agrumi, legno umido, tabacco e frutta secca. La tradizione scandinava è perfettamente rispettata al palato: corpo pieno, birra densa, poco carbonata, catramosa, quasi masticabile. Il primo sorso,  dopo un breve ingresso fruttato di agrumi (è un American Imperial Stout, quindi generosamente luppolata), è un'ondata nera fatta di orzo tostato, liquirizia e caffè, legno, cenere e tabacco, perfettamente corrispondente all'aroma. L'alcool è molto meno evidente in bocca che al naso, con una bevibilità meno impegnativa del previsto: è comunque una birra molto intensa che si sorseggia con calma e che vi accompagna per tutta la serata. A ripulire il palato dal nero del catrame ci sono una leggera acidità del caffè e soprattutto una generosa luppolatura resinosa: il finale è (molto) amaro, tostato, resinoso, terroso, con un morbido warming etilico. 
Imperial Stout solidissima e molto ben fatta, che rincuora e riscalda per poi accompagnarti tra le braccia di Morfeo, con il suo generoso formato da mezzo litro: ideale ma banale, come ho fatto io, accompagnarla ad una tavoletta di cioccolato fondente, ma dicono sia ottima anche con formaggi erborinati o invecchiati. Se non avete fame, abbinatela invece alla poltrona, al caminetto, a un libro o ad un film.
Formato: 50 cl., alc. 11%, IBU 120, scad. 23/09/2022, pagata 11.51 Euro (Vinmonopolet, Norvegia).

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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