sabato 12 luglio 2014

La Birra del Frate - Donna de Paradiso

Sempre più difficile districarsi in Italia nel labirinto fatto di veri birrifici e di beer-firm, ovvero di coloro che la birra la producono presso impianti terzi o la commissionano direttamente a qualche birrificio. Diventa sempre più necessario un attento esame dell'etichetta prima di passare alla cassa e pagare; ammetto di non averlo fatto, in questo caso, essendo stato un po' tratto in errore dal nome: "Birrificio Tuderte" mi ha fatto pensare ad un vero produttore e invece si tratta di una beer-firm. Immagino (spero!) che la scelta di chiamarsi comunque "Birrificio" sia motivata dal fatto che l'azienda ha intenzione, a breve, di mettere in funzione gli impianti propri.
Birrificio Tuderte nasce nell'estate del 2012, quando Leonardo Bicchi decide di andare oltre una decennale passione per l'homebrewing; la sede a Todi ha portato in dote la caratterizzazione con il concittadino più famoso, ovvero Jacopone da Todi. Ecco allora la "Birra del Frate", che al momento è disponibile in due varianti: una Golden (?) Ale ispirata alla tradizione inglese, chiamata Donna de Paradiso, e una "rossa" o ambrata chiamata Rubra Mater. 
Ecco dunque la "birra di Todi", che però attualmente (o almeno la bottiglia nella mie mani) è prodotta nelle Marche, come riporta l'etichetta, a Comunanza (AP) il che significa il Birrificio Le Fate. Ho già espresso la mia opinione nei confronti della disputa birrifici vs. beer-firm; nessun problema, finché c'è trasparenza. Quello che conta, alla fine, è la qualità di quello che si versa nel bicchiere.
Passiamo alla sostanza: "Donna de Paradiso" è la birra del debutto; luppoli e lievito inglesi, orzo coltivato nelle Marche, nome dell'omonima lauda drammatica scritta da Jacopone da Todi. Il colore è dorato, leggermente velato; molto bella la testa  da schiuma che si forma, compatta e cremosa, dalla buona persistenza. Al naso è un dominio di mela golden e di purea di mela; poco spazio per altro, se non per una netta presenza di diacetile. Un po' meglio in bocca, con note maltate di cereali e crosta di pane, miele; il gusto è abbastanza dolce, la bevuta è un po' imburrata e "appiccicosa" con - di nuovo - il diacetile sempre più evidente man mano che la birra si scalda. Il corpo è leggero, la carbonazione contenuta, è la birra sarebbe anche gradevole e morbida in bocca, per quel che riguarda la consistenza. Chiude con un lieve finale amaricante, tra l'erbaceo e la mandorla amara. Da bere a temperatura abbastanza bassa, per mitigare l'effetto "burro", è una "bionda" (uso volutamente il colore come fattore categorizzante) nella quale non ho sinceramente trovato molte tracce d'Inghilterra; un prodotto semplice e facile da bere che, se un po' ripulita e sistemata, potrebbe rappresentare una classica "gateway" beer per chi ha sempre bevuto birra industriale. Per chi è invece appassionato di birra, vale il discorso fatto in questa ed in questa occasione, per altre due birre sostanzialmente simili: manca di personalità.
Formato: 75 cl., alc. 5.5%, IBU 23, lotto 5313, scad. 01/2015, pagata 8.50 Euro (gastronomia, Italia).

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