sabato 23 novembre 2013

St. Bernardus Abt 12 vs. Westvleteren 12 vs. Rochefort 10


Come promesso, eccoci a tirare le somme della degustazione del trittico di Quadrupel dei giorni scorsi; indiscutibilmente le migliori rappresentanti di categoria, e se proprio vogliamo dare uno sguardo ai siti di beer-rating: sia Beer Advocate che Ratebeer le mettono nella stessa posizione:  Westvleteren 12, Rochefort 10 e  St. Bernardus Abt 12. Un gradino più in alto, diamo un'occhiata (sempre con leggerezza) alle migliori birre del mondo secondo i Raters: Ratebeer indica attualmente ancora la Westvleteren 12 come miglior birra al mondo, mentre bisogna scendere alla posizione 7 per trovare la Rochefort 10; finisce fuori dalla Top 50 la St. Bernardus Abt 12. Molto più centrato sulle produzioni americane è invece Beer Advocate, dove la Westvleteren finisce al settimo posto, Rochefort 10 al diciottesimo e la St. Bernardus Abt 12 al trentaduesimo.  
Ma passiamo alle cose serie; il confronto diventa particolarmente interessante per St. Bernardus e Westvleteren, visto che le queste ultime sono state prodotte dal 1946 al 1992 proprio da coloro che oggi fanno la St. Bernardus. Chiaramente il confronto è limitato a queste tre bottiglie, con tutte le limitazioni e specificità del caso; la Rochefort - ricordo - ha un anno in meno (2010) rispetto alle altre due. St. Bernardus e Rochefort (acquistate nel 2010) hanno passato gli ultimi tre anni al buio in cantina, nelle stesse condizioni, mentre la Westvleteren è arrivata a Luglio 2011. Ovviamente hanno avuto una "vita" diversa negli anni precedenti all'acquisto che può aver influito in modo diverso sulla loro maturazione.
Aspetto: si assomigliano molto, con la Westvleteren leggermente più chiara e caratterizzata da grossi fiocchi di lievito che formano un "fondo" di quasi due centimetri nella bottiglia; più piccoli quelli in sospensione nella bottiglia di St. Bernardus. Più pulita e quasi priva di particelle la Rochefort: vince senza dubbio la valutazione "estetica", con un colore più scuro ma molto più brillante e meno torbido delle altre due, ulteriormente abbellito da splendidi riflessi rosso rubino. Per tutte e tre la schiuma, quella delle foto pubblicitarie, è ormai un lontano ricordo; ce n'è poca e quel poco che si forma svanisce abbastanza rapidamente.
Aroma: le differenze sono abbastanza notevoli ed interessanti. Per intensità vincerebbe senz'altro la Westvleteren, con la Rochefort all'ultimo posto; per quel che riguarda la finezza, l'eleganza, direi che il confronto finisce con un ex-aequo, mentre sulla composizione dell'aroma e sulla sua complessità ci sono parecchie differenze. Molto sfaccettato quello della St. Bernardus (uvetta, prugna, amaretto, frutta secca, sentori di banana matura, zucchero a velo, fruit cake e cioccolato), più semplice e spiccatamente dolce quello della Westvleteren, leggermente vinoso; la Rochefort inizialmente non sorprende (banana e pera, un classico del lievito del monastero) ma poi apre a dei bellissimi sentori di Porto e di legno umido. Se la giocano St. Bernardus e Rochefort, ma è difficile scegliere.
Mouthfeel: sono tutte e tre delle birre quasi "masticabili" (o chewy, per dirla in inglese); gli anni di cantina hanno stemperato le spigolature di gioventù e, soprattutto, abbattuto il numero delle bollicine che personalmente trovo un po' fastidiose nelle bottiglie giovani. Molto simili Westvleteren e Rochefort, ancora rotondissime, potenti, piene ed appaganti; cede un po' la St. Bernardus, con un corpo leggermente più scarico delle altre e, soprattutto, con una bevuta che risulta leggermente meno rotonda e compatta.
Gusto: eccoci alla parte più interessante. Partiamo dall'intensità, dove di nuovo troviamo la St. Bernardus dietro le altre due; intensissima la Westvleteren, così come la Rochefort, con l'alcool che in quest'ultima è molto più presente, anche se è una presenza morbida ed assolutamente non disturbante. Prugna (disidratata, per la Rochefort) ed uvetta sono le caratteristiche che accomunano tutte e tre le Quadrupel, e da qui ognuna prende poi una direzione differente: liquirizia per la St. Bernardus, erbe officinali e china per la Westvleteren, Porto/Madeira e cioccolato per la Rochefort. Un altro tratto in comune è la "vinosità", se mi passate il termine: parliamo di vini come Porto, Madeira, Marsala, Passito. C'è solo un leggero accenno di vino liquoroso nella St. Bernardus, mentre la Westvleteren, molto dolce, richiama forse più un Passito che un Porto; non lascia invece dubbi la Rochefort, con che una presenza etilica molto più ingombrante fa subito pensare a vini dolci più sostenuti come Porto e Madeira. Sono tre birre dal contenuto alcolico importante ma che si bevono con buona facilità, con qualche limite in più per la Rochefort; obbligatorio comunque il lento sorseggiare per godere appieno della loro intensità ed apprezzarne tutte le diverse sfumature. Potentissimo e quasi infinito il retrogusto della Rochefort, etilico ma morbido; sugli stesse frequenze, forse leggermente inferiore come intensità ma sempre straordinariamente appagante anche quello della Westvleteren; leggermente inferiore la St. Bernardus, ma stiamo sempre a livelli altissimi.


Il verdetto: ovviamente personale, ed ovviamente limitato alle tre bottiglie esaminate. Se le tornassi a bere tra una settimana, l'opinione potrebbe essere magari  differente. (Con)vince, senza molti dubbi, la Rochefort 10. Forse avvantaggiata da un anno in meno d'età (tre anziché quattro), si mostra quasi all'apice della sua parabola di "maturazione", in un punto di equilibrio quasi perfetto tra vigore e maturità. Ad alcuni potrebbe forse sembrare eccessivo il "warming" alcolico, personalmente l'ho trovato molto funzionale nello stemperare la dolcezza della birra, asciugando un po' il palato. Dettaglio che ho invece sentito mancare nella Westvleteren, in una bottiglia che ha forse già superato il suo apice ma che sta comunque continuando - quasi in linea retta - uno splendido invecchiamento, molto dolce ma ancora intensissimo. Invecchiamento meno riuscito quello della St. Bernardus, che ha perduto un po' di vigore e sembra aver intrapreso una parabola discendente. 
Coda: la questione prezzo gioca ovviamente enormemente a sfavore della Westvleteren, vittima delle speculazioni procurate dall'idea de "la migliore birra del mondo"; a meno che non riusciate ad acquistarla durante una visita in Belgio, risulta molto, troppo costoso farsi una piccola scorta di Westvleteren 12 in cantina da stappare negli anni a venire. Ma se anche vi trovaste in Belgio (evitando i locali/beershop che speculano anche là), avreste comunque il problema della reperibilità; dovreste comunque sempre faticare per prenotare l'acquisto, recarvi con l'automobile al monastero, e per fortuna che il Belgio è una nazione abbastanza piccola! La difficile reperibilità aveva un tempo creato quell'alone di mistero, di "misticismo" attorno a questa birra che forse ne ha anche poi condizionato le valutazioni. Oggi la reperibilità (per la bevuta occasionale) non è più un problema, ma solo una questione di prezzo; sono molto meno accessibili tante grandi birre americane (e non solo a noi europei, anche a molti americani). Rochefort 10 e St. Bernardus Abt 12 si trovano invece molto facilmente, anche in diversi supermercati, ed offrono uno straordinario rapporto qualità prezzo, costando meno della maggior parte delle birre artigianali italiane. Il consiglio è dunque quello di acquistarle, metterle in cantina ed aprirne una di tanto in tanto per apprezzarne le interessanti evoluzioni che queste birre hanno nel corso degli anni.

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