mercoledì 29 febbraio 2012

Birrificio Via Priula Bacio

Dopo quindici anni di appassionato homebrewing alle spalle, i riflettori si accendono per Giovanni Fumagalli al concorso “Una birra per l’estate” di Piozzo nel 2010; il suo “clone” della birra Gonzo Imperial Poter della Flying Dog si aggiudica infatti il primo premio. Il successo lo spinge a fare il “grande salto” e di affiancare, alla sua regolare attività di farmacista, quella di produttore di birra. Lo seguono nella nuova avventura come soci anche Mauro Zilli, Marco Orfino e Serenella Lancini. Nasce così il birrificio Via Priula di San Pellegrino Terme, Bergamo. In assenza di impianti propri, la produzione delle ricette viene affidata al birrificio BABB di Brescia; l’ottimo feedback ricevuto pare aver definitivamente convinto i soci ad acquistare i propri impianti ed a realizzare un proprio locale, con annessa cucina, che dovrebbe essere inaugurato proprio nella primavera del 2012. Molto bello il logo del birrificio e la grafica di tutte le etichette, illustrate da Stefano Torriani, che si ispirano ad un manifesto di inizio novecento che pubblicizzava l’attività del fotografo e farmacista Ermanno Bonapace, nonno di Giovanni Fumagalli. Chi ha una memoria lunga non ricorderà l'elisir “Bacio” , ma senz’altro, come noi, la “Magnesia San Pellegrino”; i brevetti di questi due prodotti furono depositati proprio da Bonapace. Le birre prodotte sono al momento quattro: una pils, una imperial stout, una “fruit beer” al lampone ed una American Pale Ale chiamata “Bacio”, in onore proprio di quell’elisir prodotto nei primi anni del 1900. Ma oltre alla grafica, le etichette brillano per la chiarezza e la completezza (finalmente!) delle informazioni riportate: ingredienti, valori nutrizionali, istruzioni su conservazione e somministrazione; un caso più unico che raro nel panorama italiano, e non solo. Viene brassata con malti Pale Maris Otter, Cara-Monaco, Cara-Amber, Biscuit; i luppoli utilizzati sono Chinook ed Amarillo. Assaggiamola, dunque: all'aspetto è di colore oro antico / rame, leggermente velato. La schiuma bianca è enorme, fine e pannosa, e ci costringe ad una lunga attesa prima di riuscire a riempire la pinta. L'aroma non è "esplosivo" ma comunque elegante, delicatamente fruttato, con sentori di polpa e scorza di agrumi (pompelmo, lime). In bocca risalta subito una carbonazione elevatissima che, ahinoi, disturba non poco la bevuta; per il resto, sarebbe tutto al posto giusto. Cereali e crosta di pane sono la breve introduzione ad un amaro netto e deciso, ricco di scorza degli stessi agrumi dell'aroma. Leggera e correttamente watery, sarebbe una birra molto beverina non fosse - ci tocca ripeterlo - per l'altissima gasatura di questa bottiglia che volente o nolente ne "sporca" anche un po' la percezione del gusto. Molto secca, chiude senza sorprese con un bell'amaro intenso, erbaceo ed aggrumato. E' un American Pale Ale ben bilanciata ma abbastanza "spinta", dall'amaro molto deciso e che lascia intravedere delle ottime potenzialità; purtroppo come la maggior parte delle birre artigianali italiane non è facilissima da reperire "fuori zona", ma speriamo ugualmente di avere l'occasione di riprovarla presto in una "versione" meno carbonata. Formato: 50 cl., alc. 4.9%, scad. 18/05/2012, prezzo 4.50 Euro.


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english summary:
Brewery: Birrificio Via Priula, San Pellegrino Terme, Bergamo, Italy.
Style: American Pale Ale
Appearance: deep golden color with a huge frothy white head. Aroma: citrusy and zesty (grapefruit, lime). Mouthfeel: light body, high carbonation, watery texture. Taste: intense zesty hoppy bitterness (citrus) on a bready malt and cereals backbone. Very dry. The excessive carbonation of this bottle is very disturbing; bitter zesty aftertaste. Overall: an APA brewed with Chinook and Amarillo hops from a new interesting Italian micro craft brewery. Pretty well done besides the fact that we got an over-carbonated bottle which did not help the perception of all the flavors. Anyway, this seems a very promising brewery, and we hope to taste again this beer soon in better conditions. Bottle: 50 cl., 4.9% ABV, BB 18/May/2012, price 4.50 Euro.

9 commenti:

  1. Ti confermo che la carbonazione da "sciampagnino", non è la normalità per questa birra, a mio avviso una delle migliori della produzione bergamasca.

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  2. Beh...dire che l'etichetta brilla per completezza quando il birrificio non esiste e quindi il primo inganno per l'utente poco attento (ma incolpevole) è proprio il fatto di creder che esista questo birrificio, mi sembra un pò eccessivo. Secondo...vorrei ricordare che il "famoso" concorso vinto a Piozzo era un concorso per Homebrewer e che al medesimo birrificio è stato imposto di toglierlo come vanto dalle proprie etichette proprio dagli organizzatori del concorso. Terzo...mi risulta che nonostante questo "birrificio" abbia fatto fare da diverse realtà birraie la medesima ricetta abbia ricevuto quest'anno dalla guida Slowfood il premio come birrifico "costante" nella produzione. Una sola parola ....ITALIANS.

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    1. Sul primo punto devo dire che l'etichetta riporta chiaramente "prodotta per conto di Birrificio Priula", con l'indicazione della partita iva del produttore. L'informazione è presente, quindi, anche se concordo che sarebbe stato più chiaro scrivere direttamente il nome del birrificio che possedeva gli impianti utilizzati. Detto questo, non metterei a priori sul patibolo chiunque produca birre senza avere gli impianti. Questione di punti di vista. Sul terzo punto posso darti ragione; se effettivamente il birrificio ha appena cominciato a produrre con i propri impianti, e sino ad ora si è fatto fare le birre da altri, il premio alla "costanza" è senz'altro fuori luogo e prematuro. Non ho comprato l'ultima guida Slowfood, ma come saprai le critiche che ci sono piovute sopra sono state (come al solito) molto numerose. Cheers.

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    2. Perdonami, ma anche se sull'etichetta sta scritto chiaro in piccolo che la birra è prodotta da altri quello che è ingannevole è la parola "birrificio" Via Priula, al massimo uno dovrebbe usare il termine "birra" via priula. Sai benissimo che pochissima gente legge l'etichetta e se ti fai chiamare "birrificio" è anche normale che l'utente dia per scontato che sei un birrificio (per quale motivo dovrebbe dubitarne?). Sul secondo punto concordo con te che se c'è trasparenza uno può fare quello che vuole.Sul terzo invece sei stato ingannato ancora perchè ad oggi non esiste ancora nessun impianto di produzione. Hanno aperto un locale/birreria e ancora con poca trasparenza hanno permesso che la cosa fosse un pò fumosa e qualcuno ha inteso che fosse finalmente l'apertura del birrificio. Cheers.

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    3. Sono d'accordo, è senz'altro più appropriato togliere la parola "birrificio" dal nome se non si hanno impianti. Ma posso immaginare che se uno ha in programma di acquistare un impianto in tempi medio-brevi pensa di includere la parola "Birrificio" fin da subito per evitare di dover poi in seguito cambiare ragione sociale. Una questione di comodo che effettivamente non è un inno alla trasparenza.

      Ma se è vero (non ho info dirette per confermare/smentire, abitando a qualche centinaia di chilometri di distanza) che ancora non abbiano impianti propri è davvero surreale che venga assegnato loro un premio alla costanza. Però credo che questa sia una critica da fare sopratutto a quelli della Guida Slow Food che hanno fatto un errore clamoroso senza conoscere chi stavano valutando.

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  3. Leggo solo ora...
    Mi piacerebbe sapere chi è questo "anonimo" critico. Non mi piace l'anonimato quando si critica qualcuno che anonimo non è!
    Già parlare d'inganno è assolutamente eccessivo e dimostra un certo astio. Mi convinco sempre più che il mondo della birra artigianale è popolato da personaggi tristi ed invidiosi.
    Punto uno: non è mai stato nascosto che il birrificio "fisicamente" non esiste (in realtà manca, per ora, l'impianto di produzione ma c'è un magazzino con celle).
    Questo è il primo post in assoluto del loro sito:
    http://www.birrificioviapriula.it/2010/06/inizia-lavventura.html
    ed il post che annuncia nuove birre quasi sempre specifica dove viene prodotta.
    Non è plausibile ritenere che l'apertura del locale volesse essere spacciata per l'acquisto dell'impianto (poi uno può farsi l'idea che gli fa più comodo e vedere maliziosamente qualunque intento):
    http://www.birrificioviapriula.it/2012/03/e-giunta-lora-apre-il-nostro-locale.html
    Riguardo al punto due: mi sembra che questo articolo sia chiaro. La ricetta della Camoz è comunque quella della produzione HB ma quando Mobi ha fatto presente che, prodotta in impianto, era da considerare un'altra birra (a me sembra questione di lana caprina: è altra birra, p.e., anche la Rodersch dopo che il BIDU ha cambiato l'impianto? O la Vùdù fatta a Manerba e non a Lurago, o nel nuovo impianto? Sì, ma nessuno ha posto la questione!) i titolari del Birrificio (cui credo mai fose passato per la mente il pensiero che ci fossero problemi) ne hannno preso atto e si sono subito adeguati, scusandosi seppure memmeno dovessero e togliendo la menzione da ogni futuro depliant/etichetta (dove non credo nemmeno fosse mai stato scritto, ma di quello non sono certo).
    Se le produzioni sono di qualità costante, cosa conta se vengono prodotte in proprio o no, a addirittura se vengono prodotte in posti diversi (ed è così) a seconda delle volte? Significa che c'è grande cura ed attenzione e queste vanno premiate. Criticate, se è il caso, la mancanza di costanza, non il fatto che venga riconosciuta!
    Riguardo a "birrificio", le ricette sono loro e seguono la maggior parte delle fasi della produzione.
    Non vedo dove sia codificato che un birrificio debba avere un suo impianto. E Mikkeller allora, tanto per dirne uno, non è un birrificio? Vorrei vedere chi la pensa così. Ce ne sono decine, soprattutto in Belgio, che producono p.e. a De Proef e non temono di definirsi birrifici, e così li chiama anche Tim Webb nella sua guida.
    Ho letto tempo fa (credo su Cronache di birra) un bell'intervento di Alex Liberati che sosteneva l'idea che un birraio lo è per l'idea, l'intuizione, la visione, la progettualità, se si vuole, e non tanto per la realizzazione pratica del prodotto e sono assolutamente d'accordo.

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    1. Ho verificato: in effetti sulle vecchie etichette della Camoz si parlava della vittoria al concorso di Piozzo, ma vale comunque il discorso già fatto.

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